Studiare aiuta a pensare?

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La seguente ricerca è stata accettata dal Comitato scientifico della 12th International Conference on Thinking in Melbourne, Australia (2005) per la presentazione durante la stessa.

 

Studiare aiuta a pensare?

 di Giuseppe Tidona

 

Abstract

 

Molti insegnanti hanno visto il "riflettere" come un necessario sottoprodotto dello studio svolto in profondità.

Questo articolo esamina la relazione tra lo studiare e il pensare ed indaga la questione se lo "studio" in quanto tale, rispetto ad altri processi cognitivi, sia la strada maestra per sviluppare riflessività.

Esso presenta un esperimento condotto in una scuola secondaria superiore italiana (l'Istituto Tecnico commerciale Statale "F. Besta" di Ragusa) che ha coinvolto 141 alunni di 14-15 anni, divisi in tre gruppi. Agli alunni è stata data una storia, il cui finale era stato tagliato. Essi avevano lo stesso compito di prevedere la conclusione sulla base degli indizi logici presenti, ma seguendo procedure differenti, una delle quali comportava che dovessero "studiare" prima la storia.

Tutti i gruppi hanno raggiunto una buona conoscenza degli elementi del racconto necessari per anticipare la fine, ma i risultati delle loro riflessioni sono stati abbastanza differenti, a seconda della condizione assegnata loro.

"Studiare" è risultata la condizione peggiore per pensare.

Nelle stesse situazioni le lezioni CoRT di E. de Bono sono state provate come efficaci per sviluppare una riflessività "produttiva".

 

Introduzione

 

Cosa significa "pensare"?

Secondo la definizione di Bartlett, il pensare può sinteticamente essere definito come "l'estensione dell'evidenza, in accordo con la stessa evidenza, in modo tale da colmare i vuoti nell'informazione"1. Il compito, inoltre, è svolto fruttuosamente solo se si seguono una serie di passaggi intermedi che possono condurre alla conclusione più opportuna. È difficile, in altri termini, provare ad azzardare o indovinare la soluzione, senza considerare gli "indizi" che uno ha già di fronte e che magari puntano in una certa direzione, indicano una strada. Può essere che talora ciò accada, ma poi il punto di arrivo risulta convincente in tanto in quanto, in un secondo momento, sono ritrovati ed esplicitati tutti i passaggi intermedi.

I gap possono essere, secondo Bartlett2, riempiti tramite tre differenti modalità:

1.     per interpolazione (in una data serie numerica, ad es., c'è un vuoto, un numero mancante che bisogna individuare ed inserire a quel punto della sequenza, che poi continua);

2.     per estrapolazione (una serie numerica, ad es., è portata avanti fino ad una certa posizione, dopo di che è interrotta, ed il lettore deve saperla continuare logicamente);

3.     per manipolazione (quando probabilmente tutti gli elementi di una situazione sono dati, ma deve essere trovata la relazione- o le relazioni- esistenti tra quelli, oppure scoperta una nuova soluzione, più soddisfacente, al di là di quelle esistenti).

D'altra parte se l'informazione fosse davvero completa, se la verità fosse lì davanti a tutti senza lacune, di qualsiasi tipo esse siano (e possono anche essere deficit della memoria, se noi cerchiamo di pensare, traendo il tutto dalla nostra mente!) non ci sarebbe alcuna necessità di pensare e tutto avverrebbe come per "istinto".

Il pensare vero è, pertanto, produttivo, generativo.

Indubbiamente tra le tre tipologie summenzionate, la più difficile è la terza, perché bisogna andare oltre l'esistente: non si tratta di trovare la soluzione "giusta", secondo le regole iscritte nei dati di fronte a noi, ma di scoprire nuove "norme" in base a cui pervenire ad un termine.

In questo caso de Bono parlerebbe della necessità di pensiero laterale o, per usare una delle sue sigle (da lui impiegate per contrassegnare e rendere immediatamente riconoscibili gli strumenti utili per canalizzare la mente verso determinati compiti), dell'urgenza di un APC (Alternatives, Possibilities, Choices)3.

In un articolo, presentato dallo scrivente4 alla Quinta Conferenza Internazionale sul Pensiero Creativo, organizzata dall'Università di Malta nel 2004, è stata esaminata l'occorrenza di pensiero laterale (o produttivo) in ambito scolastico attraverso un esperimento. Grazie ad esso si è visto come anche gli studenti più bravi siano incapaci di pensiero innovativo, di andare al di là della soluzione che sembra soddisfare a prima vista.

Tante ricerche5 hanno già confermato che anche nel più ampio contesto sociale in cui vive ognuno di noi vede quello che è abituato a vedere: la nostra struttura mentale di fronte ai tanti elementi fornitici, seleziona, più o meno coscientemente, quelli coerenti con la propria cornice di riferimento, mentre gli altri sono scartati. Per individuarli bisognerebbe costringersi ad assegnare ad essi un valore specifico, cosa che spontaneamente non avviene.

Con il presente lavoro si vuole esaminare la relazione tra alcune condizioni, comuni o potenzialmente tali in ambito scolastico, ed il pensare, come conseguenza di, o comunque in rapporto a quelle.

 In questo caso il pensare coinvolto è stato del secondo tipo, estrapolativo (o, per usare la terminologia di de Bono6, capace di C&S- Consequences and Sequels, di anticipare quello che viene dopo).

In altri termini si voleva vedere fino a che punto gli studenti fossero capaci di prevedere logicamente, sulla base degli elementi disponibili, il seguito di una storia, date le situazioni diverse in cui si trovavano ad operare. È il pensare proiettivo indifferente rispetto ad esse?

A tale scopo è stato organizzato il seguente esperimento.

 

L'esperimento

 

L'esperimento è stato condotto nella seconda settimana del dicembre 2004.

141 alunni di 14-15 anni appartenenti ad 8 classi differenti (5 prime e 3 seconde) dell'Istituto Tecnico Statale Commerciale "F. Besta" di Ragusa sono stati assegnati a tre diverse condizioni, ma dovevano raggiungere tutti lo stesso obiettivo finale: inferire, sulla base dei dati forniti, la conclusione di un racconto, la cui parte conclusiva era stata rimossa e che comunque sarebbe stato possibile prevedere con un'attenta considerazione di alcuni indizi in quella direzione di cui il brano assegnato era ricco.

Durante la prima delle due fasi dell'esperienza, in cui veniva consegnata la copia della novella tagliata, nessuno, però, conosceva realmente quale fosse il vero scopo finale, ovvero prevedere la conclusione, per evitare che questa consapevolezza "confondesse" le tre situazioni. L'obiettivo reale veniva comunicato solo all'inizio del secondo stadio.

Le condizioni venivano realizzate o dividendo la classe in due metà equivalenti (secondo la conoscenza dell'insegnante di Italiano delle capacità logiche e di comprensione di quegli alunni) ed assegnando ciascuna parte a caso ad una situazione (realizzando così solo due dei tre stati) oppure a classi intere, ma avendo cura che il tutto collimasse (in relazione alle possibilità di partenza).

Le tre condizioni erano: studio, gioco di ruolo (o di simulazione), lettura.

Esaminiamole.

 

Le tre condizioni: I^ fase

 

Le consegne differenti venivano date nelle tre condizioni solo per iscritto, accanto alla copia della novella "tagliata"; dunque nessuno degli studenti sapeva di trovarsi possibilmente in una situazione particolare diversa rispetto ai compagni.

Nel primo caso (studio) veniva detto che era una prova di apprendimento: ognuno doveva studiare al massimo delle sue possibilità la lettura assegnata (incompleta, perché, si asseriva, la continuazione era su un altro foglio che sarebbe stato dato loro

in una seconda fase); trascorso il tempo assegnato, sarebbero state rivolte delle domande scritte (questo era quanto preannunziato) sulla storia, importanti ai fini anche della valutazione quadrimestrale, senza poter più consultare il testo. 52 studenti hanno ricevuto queste regole.

Nel secondo caso (gioco) le consegne erano che avrebbero dovuto leggere attentamente il testo dato (incompleto: per i motivi addotti vedi sopra), perché dopo avrebbero preso parte, non avendo più la novella di fronte agli occhi, ad un gioco (non ben specificato) che partiva proprio dagli elementi del racconto e che avrebbe avuto un certo peso per il profitto individuale. 50 alunni hanno lavorato avendo ricevuto queste norme.

Nel terzo caso (lettura) veniva assegnato il medesimo brano interrotto, che dovevano leggere attentamente, perché sarebbe stato importante anche ai fini della valutazione quadrimestrale. Non veniva in quel momento data nessun'altra consegna. 39 studenti hanno partecipato in questa veste.

Il totale complessivo delle tre situazioni è stato appunto 141.

La nota riguardante il profitto (presente in ogni condizione) era stata aggiunta per avere comparabilità per quanto riguarda l'ansia da "prestazione", che può essere un fattore impedente quando si parla di abilità di pensare.

Il periodo assegnato a tutti per questa parte del compito è stato di 20 minuti (che si sono rivelati più che sufficienti); dopo si è passati alla seconda fase.

 

Le tre condizioni: II^ fase

 

In essa sono stati ritirate le copie con la storia (tranne che agli alunni della terza condizione ai quali esse sono state lasciate).

Alla classe è stato chiesto quanti conoscevano la novella letta poco prima ed i nomi di queste persone sono stati segnati, per escluderli dal conteggio finale (è chiaro che il sapere la "fine" avrebbe invalidato la loro prova).

Sono stati distribuiti, quindi, dei fogli bianchi che contenevano in testa solo l'invito scritto ad ognuno a completare nel tempo previsto (15-20 minuti, elastici a secondo delle necessità) il racconto in maniera logica e consequenziale rispetto agli elementi forniti nella parte ricevuta prima. In effetti, sul contenuto non c'era nessuna domanda specifica (che avrebbe potuto indebitamente canalizzare l'attenzione!).

Anche gli studenti a cui non erano state ritirate le novelle (lettura), hanno ricevuto le stesse consegne degli altri.

Solo in ultimo, oralmente, una volta che gli alunni avevano consegnato i fogli, si esaminava la conoscenza, da loro raggiunta, dei dati rilevanti per l'obiettivo assegnato.

Su quest'aspetto non si è riscontrata una significativa differenza tra le tre condizioni.

Alla stessa guisa le tendenze (che saranno discusse più avanti) sono state grosso modo costanti per le classi e le età coinvolte (14-15 anni).

Un'ultima precisazione sul racconto, prima di esaminare i risultati.

La novella scelta, il cui finale era stato tagliato, era il "Lungo viaggio" di Leonardo Sciascia7.

Per vedere fino a che punto il particolare racconto scelto potesse influire sull'esperimento, è però stata anche selezionata ed opportunamente "tagliata" una seconda novella ("Chichibìo cuoco" di Giovanni Boccaccio) e provata su 39 studenti: i risultati non sono, però, cambiati.

Di seguito si offrono prima un sunto ed alcuni estratti (i più significativi, fino al taglio) della novella di Leonardo Sciascia e poi integralmente il racconto di Boccaccio (quest'ultimo reso in italiano moderno dallo scrivente).

I° racconto (sintesi)

 

 La novella "Il lungo viaggio" di Leonardo Sciascia narra la vicenda, ambientata alcuni decenni fa, di alcuni siciliani che s'imbarcano di notte, tra Gela e Licata, sul piroscafo del signor Melfa per andare illegalmente negli Stati Uniti. L'uomo che, per denaro, deve portarli su una spiaggia del New Jersey, vicino a New York, raccomanda a chi ha parenti in America, di scrivere loro e di fissare come luogo di incontro la stazione di Trenton (New York).

Dopo 11 giorni di navigazione vengono convocati sul ponte dal proprietario dell'imbarcazione che mostra loro in lontananza l'America e li invita a prepararsi per scendere. Così, dopo essere sbarcati, s'incamminano per arrivare verso la meta prestabilita.

 

Questa è una sintesi della parte di brano proposto.

A questo punto il racconto s'interrompeva e gli studenti venivano invitati a completare "logicamente" la storia.

Essa, in effetti, ha una conclusione amara: i poveri siciliani erano stati raggirati e dopo 11 giorni di navigazione al largo riportati di nuovo in Sicilia!

Le tracce che guidavano a questa conclusione erano sparse nel brano consegnato.

Se gli studenti avessero riflettuto attentamente sugli indizi esistenti fino al punto d'interruzione, avrebbero saputo abbozzare la conclusione.

Se ne indicano i più significativi:

-           il viaggio dura meno del previsto;

-           da uno degli emigranti viene avanzato esplicitamente il dubbio che possano non essere gli Stati Uniti (anche se non per il sospetto che siano stati raggirati, ma perché nel mare non ci sono "né strade né trazzere"8 ed è facile perdersi);

-           il signor Melfa in risposta ostenta "compassione" e subito dopo palesa ironia nella sua osservazione sulla diversità di "un orizzonte come questo"9;

-           quando si incamminano, dopo essere sbarcati, incontrano prima un'automobile che sembra una "seicento" e dopo un'altra che pare una "millecento". Ed è strano per gli Stati Uniti!

-           Ci sono delle frecce che portano i nomi di due paesi. Gli studenti non conoscono questi nomi, ma sanno che due degli emigranti hanno questa reazione dopo averne letto uno: "- ….non mi è nuovo,   questo nome.

                               - Pare anche a me;"10.

In effetti, erano i nomi di due piccoli paesi siciliani (Santa Croce Camerina e Scoglitti), che gli emigranti ricordavano vagamente di avere sentito nominare.

C'è anche da dire, in chiusura, che il tema del raggiro e dell'immigrazione clandestina, ma questa volta verso la Sicilia, è reso di scottante attualità, per i tanti drammi diventati oggetto di cronaca recente.

 

 

II° racconto

              

Chichibìo

 

Corrado Gianfigliazzi, avendo un giorno con un falcone presso Peretola ammazzato una gru, la diede al suo bravo cuoco, Chichibìo, dicendogli che la cucinasse per cena. Ora mentre Chichibìo la cucinava, passò da quelle parti Brunetta, una ragazza di cui lui era fortemente innamorato, la quale sentendo l'odore invitante, entrò in cucina e pregò Chichibìo di darle una coscia della gru. Chichibìo per non fare indispettire la donna amata, le diede la coscia, pur sapendo che questo gli avrebbe provocato guai presso il suo padrone. Infatti quando il desinare fu pronto e servito a tavola, Corrado si accorse che mancava una coscia. Chiamò allora Chichibìo e gli chiese che fine avesse fatto l'altra coscia. -Oh, signore- rispose il cuoco bugiardo- le gru hanno una sola coscia ed una sola zampa! - Com'è, com'è questa storia?- sbottò Corrado- credi forse che questa sia la prima gru che io vedo?- Oh signore- ripeté con calma il cuoco- è proprio così come dico io, e ve lo potrò dimostrare facendovi vedere una gru viva.

 In quel momento Corrado, per amore di quiete, avendo peraltro degli ospiti a tavola, decise di troncare la discussione, dopo, però, aver aggiunto:- ebbene, domattina mi farai vedere le gru che hanno una sola zampa, ma se le gru avranno due zampe, come dico io, ti giuro che ti concerò in modo tale che te ne ricorderai per tutta la vita!

Il giorno dopo si recarono presso un fiume dove normalmente sostavano le gru. Chichibìo era più morto che vivo dalla paura: non sapeva a questo punto come riparare alla bugia. Per sua fortuna scorse vicino all'acqua dodici gru che dormivano e sostavano solo su un piede, come sogliono fare quando dormono. Le mostrò subito a Corrado con aria di trionfo, ma Corrado reagì prontamente affermando:- Aspetta che ora ti faccio vedere che hanno due zampe- e gridò violentemente:- Hohò-, più volte di modo che le gru spaventate si svegliarono, tirarono fuori l'altra zampa e scapparono.

-Hai visto?- disse Corrado- è evidente che ne hanno due.

A questo punto, Chichibìo ebbe come un lampo di genio.

 

 

 A questo punto la novella (liberamente adattata rispetto al testo originale del Boccaccio) s'interrompe.

La storia si conclude in effetti con una battuta di spirito di Chichibìo: "Ma Signore tu non hai urlato 'Hohò' alla gru di ieri sera!", che trasforma l'ira di Corrado in una gran risata.

Gli indizi che potevano guidare alla conclusione sono:

-           innanzitutto il tenore della novella che è in buona misura giocata sull'azzardo: ciò si verifica una prima volta quando Chichibìo sostiene la tesi che le gru hanno una sola zampa ed una sola coscia;

 una seconda volta quando Corrado sente il bisogno di dimostrare che in effetti esse ne hanno due, quasi che non fosse scontato e risaputo;

una terza volta quando Chichibìo afferma che è in grado di provare quanto detto;

una quarta volta quando Chichibìo, vedendo che le gru stazionano solo su una zampa se dormono, insiste nella sua tesi;

dunque, quando Corrado urla alle gru e fa tirare fuori loro l'altra zampa per scappare, non può che avvenire un altro azzardo, la risposta di Chichibìo deve necessariamente partecipare di questa categoria;

-           infine per quanto riguarda i contenuti concreti della replica di Chichibìo, quando Corrado urla "Hohò" ripetutamente alle gru, di modo che esse tirino fuori l'altra zampa, si dice che il cuoco ebbe un lampo di genio, osservando quanto avveniva in quel momento (e quanto presumibilmente non era avvenuto la sera prima). Dunque la sua battuta non può che essere del tipo: "Ma Signore tu non hai urlato 'Hohò' alla gru di ieri sera, per questo è rimasta con una sola coscia!"

 

Alcuni interrogativi

 

Ma quali sono gli esiti?

Se si confronta il numero di risposte corrette con quelle errate c'è differenza tra le varie condizioni? Tra esse qual è la migliore per "pensare"?

Fino a che punto si può dire che la condizione più ricorrente nelle nostre scuole, quella dello studio, attivi le capacità riflessive?

Ed è vero quello che sostengono molti insegnanti che "studiare seriamente" (non importa sapere nei dettagli ciò che con questa espressione si intenda nelle nostre scuole) sia il modo migliore per sviluppare riflessività?

Il "vero studiare" è intrinsecamente "pensare"?

Esaminiamo gli esiti, per vedere a quante di queste domande può essere data una risposta (vedi tabella1).

 

I risultati

 

Tabella 1

  Condizione:

studio

Condizione:

gioco

Condizione:

lettura

Totali di riga

Risposta corretta 8 16 31 55
Risposta errata 44 34 8 86
Totali di colonna 52 50 39 141

 

Nota sulla tabella: una certa parte delle risposte errate erano basate sulle aspettative, cioè su "quello che mi piacerebbe capitasse ora", altre erano di pura fantasia, oppure fondate su quello che "io ho sentito avviene in questi casi"; c'era quasi remora (anche se in misura inferiore nella seconda e nella terza situazione) a prendere in considerazione gli elementi reali presenti nei racconti, pur essendo di conoscenza degli studenti. Ciò è stato appurato in un momento successivo, quando è stato possibile ritornare in molte delle classi e discutere con gli studenti le loro risposte.

L'analisi del chi quadrato sulla differenza tra risposte corrette e risposte errate attraverso le tre condizioni mostra che essa è altamente significativa da un punto di vista statistico, X² (2, N= 141)=40,089, p ‹ ,001, 2-sided.

 

Osservazioni sulla tabella

 

Come si vede, osservando la tabella, non c'è uguaglianza tra studio, gioco e lettura per ciò che attiene alla capacità di prevedere la conclusione, in quanto la differenza tra risposte corrette ed errate nelle tre situazioni è statisticamente significativa (vedi nota alla tabella 1).

La migliore condizione perché si verifichi pensiero, almeno quello del secondo tipo (che sopra è stato definito estrapolativo), è la terza, quella della semplice lettura, dopo c'è il gioco, mentre, in effetti, lo studio sembra essere lo stato peggiore se uno vuole che l'alunno contemporaneamente pensi! Ciò sembra smentire il detto di tanti insegnanti che il pensiero è un sottoprodotto dello studio.

Diverse supposizioni si potrebbero fare per quanto riguarda tale risultato curioso: ad es. che il carico cognitivo imposto in questa situazione impedisce una considerazione serena e completa dei dati a disposizione, anche se in senso assoluto la condizione del gioco non era molto diversa dal punto di vista dell'impatto effettivo sulla memoria, eppure i risultati sono già stati considerevolmente migliori.

Può essere che nella situazione di studio ci sia un extra carico dovuto al tentativo da parte dell'alunno di ricordare non gli elementi della storia, ma anche tutti i possibili particolari, ecc.

Può essere che in questa circostanza venga intrinsecamente meno la capacità di mettere in relazione gli elementi presenti, la quale cosa bloccherebbe la produzione di risultati utili.

 I dati a disposizione non consentono comunque una risposta piena a tali quesiti.

Durante la fase di discussione, cui si faceva cenno nella nota alla tabella 1 (v.), la reazione più frequente di chi aveva dato una risposta errata è stata semplicemente: "Adesso è tutto chiaro, ma in quel momento non ci ho pensato, non so perché"

Si può solo ipotizzare che ci deve essere qualcosa del processo cognitivo chiamato studio che indirizza la mente verso altre operazioni e non verso il pensiero produttivo.

Sono indispensabili altri studi, è necessario coinvolgere altre fasce d'età; diventa urgente replicare ricerche internazionali, che hanno dato esiti interessanti, nel contesto culturale italiano.

Allo stato attuale delle cose sembra comunque che studiare in quanto tale, da solo, non sia di per sé un buon viatico per pensare (e dunque la fiducia in esso di tanti docenti è malriposta).

Per stimolare gli allievi, per addestrarli al pensiero generativo (cosa che ogni insegnante considera come essenziale) è necessario uno sforzo specifico, bisogna guidarli progressivamente, in quanto esso non si crea con lo studio né si sviluppa naturalmente (come tante esperienze testimoniano).

 

Le lezioni CoRT di E. de Bono

 

Nello stesso Istituto, il "Besta" di Ragusa (così come del resto in altri Istituti dell'area), sono state ripetutamente applicate, a classi diverse rispetto a quelle testate nel presente esperimento, le lezioni CoRT di E. de Bono11, messe a punto per sviluppare riflessività e creatività negli allievi. 

I risultati di tale insegnamento sono incoraggianti12, per quanto riguarda l'obiettivo che si voleva raggiungere: insegnare a pensare.

Gli ultimi dati a disposizione sono proprio quelli dell'anno scolastico appena concluso (2004/2005) ed anch'essi confermano gli esiti positivi ottenuti precedentemente.

E. de Bono è partito da un dato, emerso anche dalla presente ricerca: pensare non è un sottoprodotto necessario dello studiare. Il pensare è un'abilità specifica che può essere addestrata e dunque migliorata, proprio come qualsiasi altra abilità, con interventi opportuni: nessuno dubita, ad es. che un tennista che si allena regolarmente sia più bravo di uno che non si allena mai.

Per sviluppare una qualsiasi abilità è necessario, però, capire le parti di cui essa è composta.

Nel caso del tennis significa comprendere, ad es., quali possano essere i movimenti basilari della mano: i vari modi di tenere la racchetta e perciò di colpire la palla, come eseguire un rovescio o un pallonetto, ecc.; lo stesso dicasi per quanto riguarda i movimenti di accompagnamento con il corpo. Sono queste cose che possono essere migliorate, non tanto il generico gioco del tennis (e ciò vale per ogni altro sport!)13.

Allo stesso modo il "pensiero" è suddiviso da de Bono nei suoi costituenti elementari, ognuno dei quali è indicato da un nome specifico, molto facile da ricordare, e su essi è possibile addestrare gli allievi.

Ogni lezione CoRT tratta proprio uno di questi aspetti fondamentali, ma piuttosto che svolgersi come disquisizione teorica, informazione astratta, è in massima parte condotta come esercitazione pratica, come addestramento in situazioni concrete.

Le lezioni, nella loro versione basica, possono essere insegnate nell'ambito di un anno scolastico per un'ora la settimana (per 20- 30 ore circa). Esse sono adatte a studenti che vanno dalla scuola elementare all'università.

I dati fin qui accumulati indicano che le unità CoRT sono efficaci, mentre lo studio da solo non è sufficiente.

Avere l'informazione giusta è importante per il proprio futuro, ancora più importante è, però, l'uso ed il valore che si assegnano ad essa. Per questo motivo è essenziale pensare ed ogni docente dovrebbe dedicare a tale abilità un'attenzione maggiore.

 

Giuseppe Tidona

e-mail: gtidon@tin.it

Ragusa, estate 2005

 


 

1 Frederic Bartlett, Thinking- An Experimental and Social Study, London, George Allen & Unwin LTD, 1958, p. 75.

2 F. Bartlett, op. cit., p. 22.

3 v. E. de Bono, CoRT Thinking, Blandford, Dorset, Direct Education Services Limited, 1973-1975; vedi anche de Bono, CoRT Thinking Program. Workcards and Teacher's Notes, Chicago, Science Research Associates, 1987, in particolare la sezione CoRT 1.

4 G. Tidona, Thinking and Learning-  The Results of an Experiment, paper presentato alla Fifth International Conference on Creative Thinking, organizzata a giugno del 2004 dall'Università di Malta.

5 vedi F. Bartlett, op.cit., p.175.

6 E.de Bono, op. cit, vedi la sezione CoRT 1.

7 la novella Il lungo viaggio è stata tratta dall'antologia in adozione nelle classi summenzionate, cioè da A. Mariotti, M. C. Sclafani, A. Stancanelli, Il libro arancione - dal Rosso e dal Giallo, Firenze, D'Anna, 2001. Il testo di L. Sciascia è a p.160 dell'antologia.

8 L. Sciascia, p.161 dell'antologia citata.

9 L. Sciascia, p.161 dell'antologia citata.

10L. Sciascia, p.162 dell'antologia citata.

11 E. de Bono, op.cit.

12 Vedi, i miei resoconti "E' possibile migliorare la creatività e la riflessività dei ragazzi?", in Dialogo, anno XXVI, n.7, ottobre 2001, Modica, pp 1-9, e "Riflessività e creatività a scuola", in Dialogo, anno XXVII, n. 7, ottobre 2002, Modica, pp.7-8.

13 E. de Bono, vedi la sezione Philosophy and Background to the CoRT Lessons della sua opera citata.

 

Laboratorio Scuola (altre ricerche del prof. Giuseppe Tidona)

Impedimenti ad una vera riflessione (estate 2007)

Studiare e pensare: i risultati di un esperimento (maggio 2004)

 Insegnare e apprendere  (autunno 2003)

Studenti capaci e studenti incapaci (maggio 2003)

    Il tema: quali metodiche per aiutare gli studenti nello sviluppo di idee? (gennaio 2003)

  Riflessività e creatività a scuola: le lezioni Co.R.T., un secondo esperimento (settembre 2002)

Competenze e ... sesso (gennaio 2002)

E' possibile migliorare la creatività e la riflessività dei ragazzi? (settembre 2001)

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 21 giugno 2011